Sentenze commentateTRADER” DI PRODOTTI PETROLIFERI (SENTENZA TAR VENETO, SEZ.3^, 21/07/2022, N. 1201/2022 – Circolare N.4 2023

09/05/2023

Si segnala che sul sito “giustizia-amministrativa.it” è reperibile la sentenza in oggetto indicata, la quale, pur favorevole all’Amministrazione, ha giudicato illegittimo, sotto alcuni profili, un provvedimento con cui ADM ha denegato l’istanza, presentata da un operatore del settore del commercio di prodotti petroliferi, volta all’ottenimento dell’autorizzazione allo stoccaggio dei suddetti prodotti presso depositi terzi in qualità di “Trader”.

Nello specifico, con la qualifica di “Trader” ci si riferisce ad operatori commerciali del settore petrolifero che, non avendo a disposizione proprie strutture di deposito, si avvalgono di impianti di proprietà di terzi.

Tale attività è regolata dall’art. 1, commi da 945 a 956 della Legge n. 205/2017, in combinato disposto con l’art. 23 del D.Lgs. n. 504/95 (d’ora innanzi TUA), nonché dal D.M. di attuazione 12/04/2018 del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

In particolare, ai sensi del comma 945, dell’art. 1 “il soggetto che intende avvalersi, per lo stoccaggio di prodotti energetici, di un deposito fiscale o del deposito di un destinatario registrato di cui rispettivamente agli articoli 23 e 8 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n.504, dei quali non sia il titolare, è preventivamente autorizzato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli all’esercizio di tale attività, previa presentazione di apposita istanza. L’autorizzazione di cui al presente comma ha validità biennale e ai soggetti autorizzati è attribuito un codice identificativo”.

Il comma 948 prevede che “l’autorizzazione di cui al comma 945 è negata e l’istruttoria per il relativo rilascio è sospesa allorché ricorrano, nei confronti del soggetto di cui al medesimo comma 945, rispettivamente le condizioni di cui ai commi 6 e 7 dell’articolo 23 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 …”.

A tale proposito, l’art. 23, comma 6, TUA stabilisce che “l’autorizzazione è negata ai soggetti nei cui confronti, nel quinquennio antecedente la richiesta, sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna ai sensi dell’articolo 648 del codice di procedura penale, ovvero sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare e per i delitti non colposi previsti dai titoli II, V, VII, VIII e XIII del libro secondo del codice penale, per i quali sia prevista la pena della reclusione. La predetta autorizzazione è altresì negata ai soggetti nei confronti dei quali siano in corso procedure concorsuali o siano state definite nell’ultimo quinquennio, nonché ai soggetti che abbiano commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura od entità, alle disposizioni che disciplinano l’accisa, l’imposta sul valore aggiunto e i tributi doganali, in relazione alle quali siano state contestate sanzioni amministrative nell’ultimo quinquennio”.

Infine, il comma 950 dell’art. 1 precisa che “nel caso di persone giuridiche e di società, le disposizioni di cui ai commi 948 e 949 in materia di diniego, di sospensione e di revoca dell’autorizzazione di cui al comma 945 nonché di sospensione dell’istruttoria per il rilascio della medesima autorizzazione, si applicano anche qualora le condizioni previste ai medesimi commi 948 e 949 ricorrano con riferimento alle persone che ne rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, nonché alle persone che ne esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo”.

Il D.M. 12/04/2018, attuativo dei commi da 945 a 959, all’art. 3, comma 3 stabilisce che “l’Ufficio delle dogane, previo riscontro dell’avvenuto pagamento del diritto annuale dovuto ai sensi dell’art. 1, comma 954, della legge n. 205 del 2017, rilascia, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza o dall’eventuale integrazione della stessa, l’autorizzazione che permette lo stoccaggio presso i depositi ausiliari e attribuisce al soggetto autorizzato il codice identificativo. L’Ufficio delle dogane nega l’autorizzazione di cui all’art. 1 qualora nei confronti del soggetto di cui all’art. 1 si sia verificata una delle condizioni previste, per il predetto diniego, dall’art. 1, comma 948, della legge n. 205 del 2017” (ovvero le ipotesi di cui all’art. 23, comma 6, TUA).

Proprio sulla scorta di quanto prescritto dal predetto comma 950 dell’art. 1, il TAR Veneto ha ritenuto che, nel caso di specie, siano stati correttamente valutati da ADM alcuni elementi concreti – fatti e atti – che “hanno inciso in senso negativo sulla sfera giuridica della società ricorrente”, posti in essere da un soggetto – persona fisica – “non in norme e per conto della persona giuridica medesima (di talché verrebbe ad operare il principio della immedesimazione organica), ma dallo stesso posti in essere al di fuori dell’ambito operativo della persona giuridica in questione, e ciononostante, in ragione del ruolo particolare che lo stesso riveste in quest’ultima, incidono in concreto sull’affidabilità della stessa” e che hanno, quindi, giustificato il diniego opposto dall’Amministrazione.

Afferma, infatti, il Collegio: “È chiaro che, alla luce del sopra ricordato carattere speciale della normativa in esame e del contesto nel quale questa viene ad essere applicata, la suddetta disposizione deve ritenersi essere volta ad escludere che le autorizzazioni per le quali è causa vengano rilasciate o mantenute in capo a soggetti che, pur essendo società o persone giuridiche (come tali potendo godere, in termini generali, dello “schermo” della personalità giuridica), presentino una situazione “interna” di inaffidabilità – si potrebbe dire – “derivata” poiché uno degli “organi” che a vario titolo rivestono o esercitano funzioni di amministrazione, rappresentanza, direzione, gestione e controllo, sia interessato da quegli stessi eventi e situazioni che giustificano il diniego, la sospensione o la revoca dell’autorizzazione”.

È evidente – continua il Collegio “come l’applicazione del comma 950, dell’art. 1, l. n. 205 del 2017, sopra ricordato, non possa che condurre alla valorizzazione delle gravi e ripetute violazioni emerse a carico di [omissis] nell’ambito del citato procedimento penale quali circostanze ostative al rilascio dell’autorizzazione …”.

Tuttavia, osserva altresì il Collegio che, se il provvedimento di diniego in questione appare legittimo sotto il profilo appena evidenziato, altrettanto non possa dirsi per gli altri motivi nello stesso provvedimento opposti da ADM.

In particolare, appare meritevole di menzione il punto della sentenza in esame, nella quale il Collegio ha valutato illegittimo il provvedimento di diniego nella parte in cui fonda il rigetto dell’istanza sulla “mancanza dei requisiti economico – finanziari, nonché impiantistici” della società richiedente, affermati dall’Agenzia come “necessari” ai fini del rilascio dell’autorizzazione in parola.

Osserva, infatti, il Collegio Veneto: “Secondo la P.a., così come argomentato in sede di giudizio, l’Amministrazione finanziaria potrebbe legittimamente pretendere la dimostrazione della sussistenza in capo al soggetto richiedente di «altri requisiti comunque indispensabili al regolare esercizio dell’attività di trader, come, per il caso di specie, quelli relativi a risorse economiche, finanziarie e alle caratteristiche impiantistiche, in ragione del fatto che la materia è sovente soggetta ad abusi, quali frodi in materia di Iva».

La tesi e le argomentazioni dell’Amministrazione non sono condivisibili.

I commi 945 e ss., art. 1, l. n. 205 del 2017, individuano, come sopra visto, in relazione ai depositi “ausiliari” di stoccaggio, specificamente i casi in relazione ai quali può essere negato il rilascio dell’autorizzazione e tra questi non vi è un accertamento in concreto della insufficienza di risorse economiche, finanziarie, impiantistiche, né un tale riferimento è rinvenibile nel d.m. 12 aprile 2008, laddove si descrivono i contenuti obbligatori dell’istanza.

Né potrebbe ammettersi, in mancanza di una previsione esplicita da parte della norma attributiva del potere, un generico ed implicito potere della P.a. di valutare altri e non meglio specificati requisiti dalla stessa ritenuti indispensabili per il rilascio dell’autorizzazione per la quale è causa”.

Sotto questo profilo, quindi, il TAR Veneto ha censurato il comportamento dell’Amministrazione, la quale, nell’imporre ai richiedenti l’autorizzazione de qua, il possesso di requisiti ulteriori, come appunto l’adeguatezza delle risorse economiche e finanziarie disponibili ovvero l’esistenza di determinate caratteristiche impiantistiche, sembrerebbe aver travalicato le proprie facoltà, oltrepassando il dettato normativo.

Sarà interessante osservare, a tal riguardo, se tale orientamento giurisprudenziale verrà o meno confermato da altre pronunce.

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