NELL’AZIONE DI RESPONSABILITÀ NELLE S.R.L. GRAVA SUGLI AMMINISTRATORI L’ONERE DI DIMOSTRARE LA CONFORMITÀ DELLE OPERAZIONI COMPIUTE RISPETTO AI PROPRI DOVERI – Cass. n. 25631 del 1 settembre 2023 – Circolare N° 12 2023
Con l’importante sentenza n. 25631 del 1 settembre 2023, la Corte Suprema di Cassazione ha fornito un fondamentale chiarimento circa la ripartizione dell’onere della prova nell’azione di responsabilità contro l’amministratore nelle s.r.l., disciplinata dall’art. 2476 c.c.
La vicenda era originata dall’azione di responsabilità promossa da un socio di una s.r.l. nei confronti del liquidatore della medesima società, colpevole, secondo la tesi dell’attore, di aver distratto rilevanti somme dal patrimonio societario. In particolare, secondo la tesi del Socio, il liquidatore avrebbe distratto in suo favore la somma di euro 38.794,41 a titolo di compensi, nonostante la società fosse da tempo inattiva, avrebbe impiegato euro 39.223,00 per la copertura di costi fittizi, avrebbe destinato euro 31.246,80 al rimborso delle anticipazioni eseguite in favore dei soci in assenza di alcuna documentazione giustificativa.
Il Tribunale di Napoli, adito dal socio, con ordinanza ex art. 183-quater c.p.c., divenuta poi definitiva, accertava la responsabilità del liquidatore. Quest’ultimo, quindi, impugnava l’ordinanza dinanzi alla Corte di Appello di Napoli, la quale, pur accogliendo parzialmente il gravame proposto dal liquidatore, condannava quest’ultimo al pagamento, in favore della Società, dell’importo di euro 70.469,80, a titolo di risarcimento del danno.
Il liquidatore, quindi, proponeva ricorso per Cassazione avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Napoli, deducendo, tra le altre, la violazione e falsa applicazione, a parte dei giudici di seconde cure, degli artt. 2697 e 2729 c.c. in relazione al disposto dell’art. 2476 c.c., dell’art. 2389 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.. Il ricorrente, in sostanza, lamentava che i fatti contestati all’organo amministrativo non erano in sé illegittimi: tanto il pagamento delle obbligazioni sociali, quanto il rimborso delle anticipazioni eseguite dai soci in favore della società costituivano atti doverosi cui l’amministratore non si poteva sottrarre.
Il liquidatore, quindi, sosteneva che l’approvazione del bilancio da parte della Società avrebbe influito sul riparto dell’onere probatorio, e che quindi sarebbe stata la Società stessa a dover dimostrare l’illegittimità delle operazioni compiute dal liquidatore.
La Cassazione respinge il ricorso, giudicando infondata la tesi prospettata dal liquidatore-ricorrente.
La Suprema Corte chiarisce, infatti, che, <<la responsabilità degli amministratori sociali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale, sicché la società stessa (o il curatore, nel caso in cui l’azione sia proposta ex art. 146 L. fall.) è tenuta ad allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri, come pure a provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, l’osservanza dei predetti doveri (Cass. 7 febbraio 2020, n. 2975; Cass. 31 agosto2016, n. 17441). In conseguenza, a fronte di disponibilità patrimoniali pacificamente fuoriuscite, senza apparente giustificazione, dall’attivo della società, questa, nell’agire per il risarcimento del danno nei confronti dell’amministratore, può limitarsi ad allegare l’inadempimento, consistente nella distrazione o dispersione delle dette risorse, mentre compete allo stesso amministratore la prova del suo adempimento, consistente nella destinazione delle attività patrimoniali in questione all’estinzione di debiti sociali o il loro impiego per lo svolgimento dell’attività sociale, in conformità della disciplina normativa e statutaria>>.
Nel caso di specie, il Socio-attore aveva evidenziato che gli esborsi compiuti dal liquidatore, che risultavano eccentrici rispetto ai costi risultanti dai bilanci successivi al 2010, in cui erano maturati, non erano stati giustificati dal ricorrente, il quale non aveva provveduto a fornire la documentazione contabile neanche a seguito delle richieste formulate dal Socio a norma dell’art. 2476 c.c., con la conseguenza che doveva ritenersi, quantomeno per presunzioni, che i costi in questione fossero inesistenti. A fronte di tale contestazione, spettava al liquidatore dimostrare che le operazioni effettuate erano perfettamente legittime e conformi ai doveri del proprio ufficio. Tuttavia questi, nel corso del giudizio, non ha prodotto alcuna documentazione giustificativa e, d’altra parte, l’ammontare dei debiti in questione non trovava ragione in considerazione dell’inattività e della successiva liquidazione della società.
Il liquidatore, quindi, è venuto meno all’onere di dimostrare la conformità delle operazioni compiute ai propri doveri, risultando soccombente nel giudizio.
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