ADDIZIONALE ALL’ACCISA SULL’ENERGIA ELETTRICA CONTRARIA ALLA DIRETTIVA 2008/118/CE – PRINCIPIO DI EFFETTIVITÀ E LEGITTIMAZIONE DIRETTA DEL CONSUMATORE FINALE VERSO L’ERARIO – CORTE DI CASSAZIONE N. 21154/2024 DD. 29/07/2024
Si segnala la sentenza in epigrafe segnata, la quale interviene, con un importante revirement – a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia UE 11/04/2024 CAUSA C-316/22, già esaminata con precedente nostro commento – su alcune rilevanti questioni concernenti l’addizionale all’accisa sull’energia elettrica, oggetto di vasto contenzioso seriale.
Segnatamente, la Corte europea aveva affermato, con detta pronuncia, che “il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che non permette al consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell’onere economico supplementare sopportato a causa della ripercussione operata da un fornitore, in base ad una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un’imposta che tale fornitore aveva indebitamente versato, consentendogli unicamente di intentare un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito contro detto fornitore, qualora il carattere indebito di tale versamento sia la conseguenza della contrarietà dell’imposta in parola ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta e tale motivo di illegittimità non possa essere validamente invocato nell’ambito di tale azione, in ragione dell’impossibilità di invocare in quanto tale una direttiva in una controversia tra privati”.
Sulla scorta di tale principio, la Suprema Corte di Cassazione italiana, con la pronuncia ora in esame, partendo dal presupposto – evidenziato dalla Corte europea – che il consumatore finale, in quanto soggetto privato, non può far valere il contenuto di una direttiva europea nei confronti di altro soggetto privato (fornitore di energia elettrica), essendo la direttiva vincolante soltanto per gli Stati membri, giunge ora ad affermare che “l’impossibilità ad agire nei confronti del fornitore, da parte del consumatore, discende dalla impossibilità di invocare a fondamento della ripetizione di indebito la mancata o irregolare trasposizione della direttiva nell’ordinamento interno, senza doversi accertare l’eccessiva difficoltà dovuta alla condizione del fornitore”, con ciò innovando rispetto al precedente orientamento di legittimità, il quale, invece, aveva ammesso l’azione diretta dei consumatori finali verso l’Erario davanti al Giudice tributario esclusivamente allorquando gli stessi avessero dimostrato l’impossibilità o eccessiva difficoltà di richiedere il rimborso al proprio fornitore, come nel caso di fallimento di quest’ultimo.
“Ne consegue” – continua la Cassazione – “che, indipendentemente dalla condizione soggettiva del fornitore” – [ndr. fallimento] – “l’indebita corresponsione di addizionali in via di rivalsa al fornitore costituisce presupposto perché il consumatore finale possa ottenere soddisfazione nei limiti della prescrizione ordinaria del proprio diritto a vedersi manlevato dall’ufficio delle imposte indebitamente corrisposte in applicazione del principio di effettività”.
In definitiva, quindi, la Suprema Corte di Cassazione giunge ad affermare il seguente fondamentale principio di diritto: “in caso di addebito da parte del fornitore di energia al consumatore finale dell’addizionale provinciale di cui all’art. 6, comma 2, d.l. n. 511/1988 in contrasto con l’art. 48 Dir. 2008/118/CE, l’impossibilità per il consumatore finale di far valere l’azione di indebito oggettivo nei confronti del fornitore costituisce il presupposto per formulare l’azione di indebito oggettivo nei confronti dell’agenzia delle Dogane e dei Monopoli”.
Inoltre, i giudici di legittimità hanno osservato, con la sentenza in commento, che il consumatore finale agisce “a tutela di un proprio diritto, per aver corrisposto una quota indebita di un corrispettivo per un servizio ricevuto dal fornitore, fatto valere nei confronti di un soggetto (ADM) che ha incamerato quella quota di corrispettivo a titolo di imposta e che diviene legittimato passivo dell’azione proposta dal consumatore in forza del principio di effettività. La natura indebita dell’imposta discende dall’avere il consumatore continuato a corrispondere al fornitore, quale quota di corrispettivo, le addizionali provinciali di cui all’art. 6, comma 2, d.l. 28 novembre 1988, n. 511, nonostante le stesse si ponessero in contrasto con il diritto dell’Unione e, in particolare, con l’art. 48 dir. 2008/118/CE, che ha imposto agli Stati membri il tempestivo adeguamento delle norme di diritto interno, tardivamente attuate solo con il d,lgs. 6 maggio 2011, n. 68”.
Con ciò, la Suprema Corte di Cassazione arriva a sconfessare la tesi dell’Agenzia delle Dogane, secondo cui, nel caso di legittimazione straordinaria del consumatore finale nei confronti dell’Erario, debba trovare applicazione il termine di decadenza biennale ex art. 14, comma 2 del D.Lgs.n.504/119 in luogo del termine di prescrizione ordinario decennale.
Osserva, invero, la Corte che: “trattandosi … di indebito oggettivo, non può applicarsi all’azione del consumatore finale nei confronti di ADM il termine di decadenza biennale di cui all’art 14, comma 2, TUA, proprio del rapporto d’imposta, bensì la prescrizione ordinaria, propria dell’azione di indebito oggettivo”. Pertanto, va affermato il seguente principio di diritto: “il principio di effettività impone che il consumatore finale di energia elettrica – ove abbia corrisposto al fornitore di energia, a titolo di rivalsa, imposte in contrasto con il diritto dell’unione e ove risulti che l’azione di rimborso nei confronti del fornitore risulti eccessivamente difficoltosa – ha legittimazione straordinaria nei confronti dell’Erario a esperire l’azione di indebito oggettivo che avrebbe esperito nei confronti del fornitore, assoggettata a prescrizione ordinaria e non al termine di decadenza di cui all’art. 14, comma 2, d. lgs. N. 504/1995”.
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