Sentenze commentateI VALORI PUBBLICATI DALL’OSSERVATORIO DEL MERCATO IMMOBILIARE NON POSSONO… – Corte di Cassazione, V Sez., n. 22475 del 8/8/2024 – ST. 32 2024

27/09/2024

I VALORI PUBBLICATI DALL’OSSERVATORIO DEL MERCATO IMMOBILIARE NON POSSONO, DA SOLI, RILEVARE IN SEDE DI ACCERTAMENTO PER UNA RIDETERMINAZIONE DEL VALORE NORMALE DI VENDITA O DI LOCAZIONE – Corte di Cassazione, V Sez., n. 22475 del 8/8/2024

Si segnala la sentenza numero 22475 della V Sez. della Corte di Cassazione, depositata in data 8 agosto 2024, con la quale è stato ribadito il principio di diritto – purtroppo spesso disatteso dall’Amministrazione finanziaria e dai Giudici tributari di prime cure – secondo cui i valori medi pubblicati dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (di seguito OMI) assumono una valenza meramente indiziaria e non possono essere assunti a «valore normale» per rideterminare, in sede di accertamento, la basa imponibile dell’operazione economica.

In questa pronuncia, loggetto della controversia riguardava le imposte di registro, ipotecarie e catastali recuperate a tassazione dall’Agenzia delle entrate per la somma complessiva di 19.735,59 € in relazione alla vendita di un locale commerciale il cui dichiarato prezzo di cessione (pari a 60.000,00 €) era stato elevato sulla base dei valori dell’OMI alla somma di 156.350,00 €.

L’Osservatorio, inizialmente costituito in seno all’Agenzia del Territorio, è oggi gestito dall’Agenzia delle Entrate e raccoglie tutti i dati riferiti alle compravendite degli immobili ed ai contratti di locazione; sulla scorta dell’analisi di tali dati, l’OMI pubblica, con cadenza semestrale, i valori medi delle compravendite e delle cessioni, differenziate per singola area geografica (sino a livello di Comune o anche di quartiere, per i centri urbani più rilevanti) e tipologia di immobile.

Nel corso del tempo la prassi dell’Agenzia delle Entrate ha sovente fatto ricorso a tali dati statistici per la rideterminazione della base imponibile in sede di accertamento; non solo per le imposte di registro, ipotecarie e catastali ma anche per l’IVA e le imposte dirette.  Si pensi, ad esempio, al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 27 luglio 2007 ove si legge: «Determinazione del valore normale dei fabbricati 1.1 Ai fini della uniforme e corretta applicazione delle norme […], i criteri utili per la determinazione periodica del valore normale dei fabbricati […], sono stabiliti sulla base dei valori dell’OMI dell’Agenzia del Territorio e di coefficienti di merito relativi alle caratteristiche che influenzano il valore dell’immobile, integrati dalle altre informazioni in possesso dell’ufficio».

Tale orientamento era all’epoca fondato sulla vigenza dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 che conteneva una presunzione legale relativa di corrispondenza del corrispettivo della compravendita al valore normale del bene. Tale presunzione legale relativa, introdotta dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, è stata però abrogata già con la legge comunitaria 2008.

È opportuno osservare come l’intervenuta abrogazione non impedisce al giudice di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purché esso sia dotato dei requisiti di precisione e di gravità. Infatti, la Suprema Corte ha da tempo rilevato che i valori OMI non possono, da soli, essere posti alla base di atti impositivi fondati sul maggior valore dei beni oggetto degli atti di trasferimento, avendo detti valori valenza meramente indiziaria, per cui devono essere valutati nel contesto di un più ampio quadro probatorio dal quale si possa inferire il maggior valore di un immobile rispetto a quanto dichiarato nell’atto di trasferimento, a maggior ragione se si considera che i detti parametri costituiscono a loro volta il frutto di una rielaborazione tramite un procedimento inferenziale di dati eterogenei.

In conclusione, la Corte ha affermato che «la rettifica dell’imposta di registro non può essere fondata esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore del bene risultante delle quotazioni OMI – perché queste ultime non costituiscono la prova del “valore venale in comune commercio” del bene, ma si limitano a fornire indicazioni di massima – dovendo essere effettuata in base a presunzioni gravi, precise e concordanti. Tra gli elementi di valutazione, possono, certo, rientrare anche le quotazioni OMI, ma devono essere corroborate da ulteriori indizi rilevanti, onde non incorrere nel divieto di presumptio de presumpto».

Ovviamente l’onere della prova della sussistenza in concreto dei presupposti della rettifica operata spetta all’Amministrazione finanziaria, mentre al contribuente spetta contrapporre altri elementi, sulla base del medesimo criterio utilizzato dall’Amministrazione di altri parametri

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