LA CORTE DI GIUSTIZIA IMPONE DI DISAPPLICARE LA NORMATIVA NAZIONALE CHE CONSENTE L’ABBUONO DELL’ACCISA INERENTE ALLA PARTE DI PRODOTTO PERSA DURANTE IL PROCEDIMENTO DI LAVORAZIONE, PRIMA DELL’IMMISSIONE IN CONSUMO, A CAUSA DI COLPA NON GRAVE DELL’OPERATORE – Corte di Giustizia UE, V Sez., C-509/22 DD. 18/04/2024
Si segnala la sentenza della Corte di Giustizia UE, V Sez., C-509/22, pronunciata in data 18 aprile 2024 con la quale i Giudici europei hanno meglio definito il campo di applicazione delle nozioni di forza maggiore e di caso fortuito come cause legittimanti l’abbuono dell’accisa dovuta su alcole denaturato sversato durante il procedimento di lavorazione.
Il fatto al centro della vicenda processuale riguarda le operazioni di carico del serbatoio dell’impianto di denaturazione dell’alcole effettuate da una società italiana in presenza di un funzionario dell’Agenzia delle Dogane allorquando si è verificata la fuoriuscita di alcole etilico puro che si è sparso sulla pavimentazione del locale a causa di una valvola lasciata aperta da uno dei dipendenti della società. Una parte del prodotto è stata raccolta e recuperata, mentre il resto è andato irrimediabilmente perduto.
A seguito di ciò, la società ha richiesto un abbuono sul versamento dell’accisa per la parte di prodotto persa, chiedendo di applicare la normativa nazionale nella parte in cui (art. 4, co 1, d.lgs. 504/95, secondo il testo all’epoca vigente) essa prevede:
- «in caso di perdita irrimediabile o distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono della relativa imposta qualora il soggetto obbligato provi, in un modo ritenuto soddisfacente dall’Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. Fatta eccezione per i tabacchi lavorati, i fatti imputabili a titolo di colpa non grave, a terzi o allo stesso soggetto passivo, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore».
L’Agenzia ha però negato l’abbuono, opponendo che la perdita era dovuta non tanto ad un causa o forza esterna bensì alla negligenza di un dipendente interno della società. Nei gradi di merito i giudici hanno condiviso le tesi della contribuente, ma in sede di legittimità, la Corte di Cassazione ha rilevato un potenziale conflitto tra la norma interna e la giurisprudenza europea espressa proprio in materia di «caso fortuito» e di «forza maggiore». L’articolo 7, co. 4, della direttiva 2008/118/CE, recita infatti che:
- «la distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa per una causa inerente alla natura stessa di tali prodotti, per un “caso fortuito” o per causa di “forza maggiore”, o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro, non è considerata immissione in consumo».
Infatti, la Corte di Giustizia nel corso del tempo ha avuto modo di meglio chiarire le nozioni di caso fortuito e di forza maggiore rilevando come entrambe siano caratterizzate da un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed imprevedibili, e da un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate pur senza incorrere in sacrifici eccessivi (si veda, tra tutte, la sentenza del 18 dicembre 2007, Société Pipeline Méditerranée et Rhône, C-314/06).
Orbene, la Corte di Giustizia ha espresso, nella sentenza C-509/22, i seguenti principi di diritto:
- «la nozione di “caso fortuito” deve essere intesa, al pari di quella di “forza maggiore”, come riferita a circostanze estranee a colui che l’invoca, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso»;
- «affinché sia riconosciuta l’esistenza di un “caso fortuito” occorre, da un lato, che la distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa sia dovuta a circostanze anormali, imprevedibili ed estranee all’operatore interessato, il che è escluso qualora tali circostanze rientrino nella sfera di responsabilità dell’operatore, e, dall’altro lato, che quest’ultimo abbia dato prova della diligenza normalmente richiesta nell’ambito della sua attività al fine di premunirsi contro le conseguenze di un tale evento».
Inoltre, sempre secondo la Corte, la sopra citata normativa europea:
- «osta a una disposizione di diritto nazionale di uno Stato membro che equipara in tutti i casi i fatti imputabili al soggetto passivo a titolo di colpa non grave al caso fortuito e alla forza maggiore. Tuttavia, qualora i fatti imputabili a titolo di colpa non grave che hanno comportato la distruzione totale o la perdita irrimediabile del prodotto sottoposto ad accisa siano stati commessi nell’ambito di un’operazione di denaturazione preventivamente autorizzata dalle autorità nazionali competenti, si deve ritenere che tale distruzione o tale perdita si sia verificata in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro interessato, cosicché detta distruzione o detta perdita non deve essere considerata un’immissione in consumo ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2008/118/CE»;
- «l’espressione “in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro” non può essere intesa nel senso di consentire agli Stati membri di prevedere in via generale che la distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa non costituisca un’immissione in consumo qualora risulti da colpa non grave».
In ragione della portata vincolante delle sentenze della Corte di Giustizia, pertanto, dovrà disapplicarsi la norma italiana nella parte in cui essa equipara al caso fortuito ed alla forza maggiore «i fatti imputabili, a titolo di colpa non grave, a terzi o allo stesso soggetto passivo».
Tuttavia, sarà ancora consentito al contribuente richiedere all’Amministrazione finanziaria l’abbuono della accisa inerente alla parte di prodotto distrutta ma solo qualora, nel caso concreto, tale distruzione sia dovuta ad un fatto colposo non grave commesso a seguito e nell’ambito di un’operazione preventivamente autorizzata dalle autorità nazionali competenti.
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