Sentenze commentateLA CESSIONE TOTALITARIA DI QUOTE SOCIALI NON PUÒ ESSERE RIQUALIFICATA COME CESSIONE D’AZIENDA. CORTE DI CASSAZIONE SENT. N. 7470 DEL 20/03/2024 – ST. 14 2024

27/03/2024

LA CESSIONE TOTALITARIA DI QUOTE SOCIALI NON PUÒ ESSERE RIQUALIFICATA COME CESSIONE D’AZIENDA, IN MANCANZA DI ELEMENTI INTRINSECI ALL’ATTO SOGGETTO A REGISTRAZIONE DA CUI INFERIRE UNA DIVERSA VOLONTÀ DELLE PARTI. – CORTE DI CASSAZIONE SENT. N. 7470 DEL 20/03/2024

Si segnala la recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 7470 del 2024, con cui i giudici di legittimità hanno fornito importanti chiarimenti circa il potere, previsto e disciplinato dall’art. 20 del Testo Unico sull’Imposta di Registro, dell’Amministrazione finanziaria di interpretare e riqualificare gli atti soggetti a registrazione.

La vicenda era originata dalla stipula del contratto con cui i due (unici) soci della società Beta s.r.l. cedevano la totalità delle quote di partecipazione al capitale sociale alla società Alfa s.r.l.

L’atto di cessione veniva registrato a tassa fissa e in termine fisso, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 11 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986. A norma di tale articolo, infatti, sono soggetti a imposta di registro in misura fissa gli atti pubblici e le scritture private autenticate aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società.

In data 8 giugno 2018, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società Alfa s.r.l. (acquirente) e ai due ex soci un avviso di liquidazione e irrogazione delle sanzioni, riqualificando l’atto di cessione delle quote societarie. L’Amministrazione finanziaria, infatti, ha ritenuto di riqualificare, ai sensi dell’art. 20 del Testo Unico sull’imposta di registro, la cessione delle quote societarie quale atto di cessione d’azienda in quanto, secondo l’Ufficio, la funzione economica del contratto in questione sarebbe consistita nel trasferimento del potere di godimento e disposizione dell’azienda da un gruppo di soggetti ad un altro e non nella mera alienazione delle quote societarie. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, procedeva ad assoggettare la cessione totalitaria di quote ad imposta proporzionale di registro prevista per la cessione d’azienda secondo le aliquote di cui agli artt. 1 e 2 della Tariffa, parte prima allegata al D.P.R. n. 131/86.

I contribuenti impugnavano gli avvisi di liquidazione dell’imposta, contestando la possibilità di riqualificare la cessione di quote in atto di cessione d’azienda.

La Commissione Tributaria Provinciale di Massa-Carrara adita respingeva i ricorsi con pronuncia successivamente appellata dai medesimi contribuenti.

La Commissione Tributaria Regionale della Liguria, tuttavia, confermava la sentenza di prime cure, affermando l’identità della funzione economica dei contratti di cessione totalitaria di quote e di cessione di azienda,  e ritenendo che l’Amministrazione finanziaria disponga del potere di riqualificare un atto di cessione totalitaria di quote sociali come cessione d’azienda, ove la prevalenza del dato giuridico reale emerga da un unico atto soggetto a registrazione, senza necessità di far riferimento ad atti collegati o a dati extratestuali.

I contribuenti censuravano la sentenza di seconde cure dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione osservando, da un lato, che l’art. 20 del D.P.R. 131 del 1986, come modificato dalla L. 205/2017, consente all’Amministrazione finanziaria di interpretare gli atti soggetti a registrazione esclusivamente sulla base degli elementi desumibili dagli atti medesimi, senza poter fare riferimento a quelli extratestuali, dall’altro che la cessione totale delle quote sociali e la cessione d’azienda rappresentano due fattispecie giuridiche che non sono in alcun modo riconducibili al medesimo schema ed al medesimo obiettivo negoziale.

La Corte di Cassazione accoglie i ricorsi dei contribuenti.

In primo luogo, la Suprema Corte si sofferma sull’interpretazione dell’art. 20 del Testo Unico sull’imposta di registro, osservando che, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 205/2017, l’Amministrazione Finanziaria non può più riqualificare l’atto facendo ricorso a contenuti diversi da quelli propri delle clausole contrattuali ed estranei agli elementi desumibili dall’atto presentato alla registrazione. Più in particolare, la Corte osserva che l’attività di qualificazione per via interpretativa dell’atto da registrare è legittima soltanto se operata «per intrinseco», senza l’utilizzazione di elementi ad esso estranei, in quanto l’interpretazione prevista dall’art. 20, DPR n. 131 del 1986, non può basarsi sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dal singolo atto presentato alla registrazione. In questo modo, l’opera di classificazione e qualificazione negoziale «per intrinseco», compiuta dall’Agenzia delle entrate, deve essere finalizzata all’individuazione del regime di imposizione applicabile all’atto tenuto della sua intrinseca natura e dei suoi effetti giuridici, non economici.

Da ciò discende, osserva la Corte, la fondatezza delle tesi dei contribuenti, in quanto «la cessione della totalità delle quote di partecipazione al capitale sociale della società Beta S.r.l. di cui risultavano unici soci i ricorrenti, non solo non è produttiva degli effetti giuridici propri della cessione aziendale, discostandosene quanto ad estraneità di istituti tipici (v. artt.2556 segg., 2112 c.c.), ma neppure può essere ritenuta espressiva del trasferimento di un compendio produttivo organizzato idoneo, ex articolo 2555 c.c., a fungere da azienda o ramo di essa».

Il ragionamento giuridico seguito dal giudice di seconde cure è, pertanto, erroneo, in quanto la C.T.R. ha ritenuto equivalenti la cessione totalitaria di quote e la cessione d’azienda esclusivamente sulla base dell’analisi della rispettiva funzione economica, senza considerare che i due contratti differiscono completamente dal punto di vista della disciplina e della natura giuridica.

I giudici di legittimità evidenziano, infatti, che l’attività qualificatoria compiuta dall’Amministrazione finanziaria non può travalicare lo schema negoziale tipico nel quale l’atto risulta inquadrabile, mediante l’artificiosa costruzione di una fattispecie imponibile diversa da quella voluta dai contraenti, soltanto in ragione di una opinabile equivalenza economico-sostanziale tra la cessione totalitaria di quote societarie e la cessione di azienda.

            Per tali ragioni, come detto, la Suprema Corte accoglie il ricorso dei contribuenti, enunciando il seguente, fondamentale, principio di diritto «la cessione totalitaria di quote societarie è soggetta ad una disciplina codicistica difforme da quella che regola la cessione d’azienda, sia sotto il profilo del regime di responsabilità dei debiti che della continuazione della medesima attività imprenditoriale, il che osta alla possibilità di qualificare la cessione di quote quale cessione d’azienda, in mancanza di elementi intrinseci all’atto soggetto a registrazione da cui inferire una diversa volontà delle parti».

 

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