CircolariPRINCIPI IN TEMA DI RESPONSABILITÀ PENALE DELL’AMMINISTRATORE DI FATTO – ST. 15 2024

29/03/2024

PRINCIPI IN TEMA DI RESPONSABILITÀ PENALE DELL’AMMINISTRATORE DI FATTO

La questione relativa alla configurabilità di una responsabilità penale in capo all’amministratore di fatto si inserisce nella più ampia questione relativa all’accezione formale o sostanzialistica nell’identificazione del responsabile dei reati propri (ovvero quei reati che possono essere commessi soltanto da soggetti che rivestono una speciale qualifica): in tali casi, rileva soltanto l’investitura formale o anche l’assunzione e l’esercizio effettivi delle funzioni gestorie?

Il legislatore, mediante una norma inserita tra le disposizioni in materia di società, ma con valenza generale, ha opportunamente esteso le qualifiche soggettive formali ai soggetti che, di fatto, esercitano in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, equiparandoli, quanto a responsabilità, al soggetto «formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge» (art. 2639 c.c.).

La giurisprudenza, aderendo anch’essa alla tesi sostanzialistica, ha chiarito che la verifica dell’esercizio delle funzioni in modo “continuativo” e “significativo” si traduce nell’accertamento di «elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto, con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti; ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare” (recentemente, Cass. pen., 7 dicembre 2023, n. 48826).

            In particolare, in tema di reati tributari, la Suprema Corte ha stabilito che non occorre l’esercizio di tutti i poteri tipici dell’organo di gestione, ma è necessaria una significativa e continua attività gestoria posta in essere in modo non sporadico  (recentemente, Cass. pen. 16 maggio 2023, n. 20664).

            Più precisamente, “avuto riguardo all’oggetto dell’attività degli amministratori di una società di capitali, tra dette funzioni deve considerarsi in primo luogo il controllo della gestione della società sotto il profilo contabile ed amministrativo; a questa va poi aggiunta la stessa gestione con riferimento sia all’organizzazione interna che alla attività esterna costituente l’oggetto della società; e in particolare, con riferimento ad entrambe, la formulazione di programmi, la selezione delle scelte e la emanazione delle necessarie direttive; con riguardo all’organizzazione interna non deve poi prescindersi dai necessari poteri deliberativi i cui effetti si riflettono sull’attività esterna, mentre nell’ambito di quest’ultima deve tenersi conto delle funzioni di rappresentanza” (sul punto, v. Cass. pen., 19 dicembre 2014,  n. 22108).

            Dunque, l’esistenza di un’amministrazione di fatto, e la conseguente responsabilità in capo a colui che ne eserciti i poteri, va provata accertando la sussistenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive nella società. Tale prova deve riscontrare la reale titolarità degli indirizzi della gestione e delle scelte strategiche della società e la ricorrenza del requisito dell’esercizio in modo “continuativo” e “significativo” dei poteri tipici da parte dell’amministratore di fatto, tenendo conto che tale esercizio non richiede lo svolgimento di tutti i poteri dell’organo di gestione, ma soltanto un’“apprezzabile” attività gestoria svolta in modo non episodico ed occasionale.

 

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