LE SANZIONI TRIBUTARIE APPLICABILI IN CASO DI UNA CONDOTTA NEGLIGENTE POSSONO VENIR MENO IN PRESENZA DELL’ESIMENTE DELLA FORZA MAGGIORE, PURCHÈ IL CONTRIBUENTE PROVI L’IMPOSSIBILITÀ DI RINVENIRE IN ALCUN MODO LA LIQUIDITÀ NECESSARIA AD ADEMPIERE COMPIUTAMENTE E TEMPESTIVAMENTE ALLE OBBLIGAZIONI TRIBUTARIE – CGT di II grado di Taranto 20 aprile 2024, n. 630/29/24
Si segnala la recente sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado di Taranto n. 630/2024, con cui il giudice tributario di seconde cure ha fornito importanti chiarimenti circa la possibilità della disapplicazione delle sanzioni tributarie in presenza di una causa di forza maggiore, ai sensi degli articoli 5 e 6 del d.lgs. 472/1997.
La vicenda era originata dalla notifica alla Alfa s.r.l., ad opera dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, di una cartella di pagamento a seguito del controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 36-bis del DPR n.600/73 e dell’art. 54-bis del DPR n. 633/72 della dichiarazione modello Iva/2015 e della dichiarazione modello 770/2015, presentate per il periodo d’imposta 2014. La pretesa oggetto della cartella originava dal mancato pagamento del saldo Iva da parte della società Alfa s.r.l., su cui venivano calcolate sanzioni e interessi.
La società impugnava la cartella di pagamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Taranto, chiedendo l’annullamento della pretesa relativa alle sanzioni e agli interessi, in applicazione dell’art. 10 della L. 212/2000 e dell’art. 5 del d.lgs. 472/97. La ricorrente evidenziava, infatti, come le violazioni contestate altro non fossero che il risultato di una situazione economico-finanziaria che in alcun modo poteva essere imputabile alla società, ma che era dovuta ad una illiquidità generata dal contesto economico in cui la società operava.
I giudici di prime cure accoglievano il ricorso, annullando le sanzioni oggetto della cartella impugnata. La Commissione attribuiva, infatti, rilevanza esimente del mancato versamento di imposte alla situazione di difficoltà finanziaria del contribuente che, nel caso di specie, non aveva consentito alla Alfa s.r.l. di versare il dovuto, non avendo quest’ultima la necessaria liquidità e non sussistendo, peraltro, alcuna manovra diretta ad ingannare l’Erario.
Proponeva appello l’Agenzia delle Entrate evidenziando che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione di primo grado, l’omesso versamento delle imposte relative all’annualità 2014, non era attribuibile ad una impossibilità assoluta di porre in essere il comportamento omesso, ragione per cui, nello specifico, era da escludersi l’esistenza dell’esimente della causa di forza maggiore.
La Corte di II grado adita, tuttavia, respinge l’appello, evidenziando quanto segue.
In via preliminare, i giudici di seconde cure richiamano la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. 15415/2021), secondo cui, in caso di omesso versamento delle imposte, il contribuente può beneficiare della non applicazione delle sanzioni invocando quale causa di forza maggiore la crisi di liquidità, purché il contribuente medesimo fornisca la prova, da un lato, della non imputabilità all’impresa dello stato di crisi e, dall’altro, dell’impossibilità di far fronte alla pretesa tributaria tramite il ricorso ad idonee misure da valutarsi in concreto.
Richiamato tale orientamento, quindi, i giudici di secondo grado affermano il principio di diritto secondo cui <<le sanzioni tributarie pur applicabili in caso di una condotta “negligente”, possono permettere al contribuente di beneficiare dell’esimente della forza maggiore solamente provando l’impossibilità di rinvenire in alcun modo la liquidità necessaria ad adempiere compiutamente e tempestivamente alle obbligazioni tributarie, pur avendo attuato tutte le possibili azioni, anche a detrimento del proprio patrimonio personale>>.
Sulla base di tale principio, il Collegio di secondo cure osserva che, nel caso di specie, la contribuente ha provato che alla data di impugnazione della cartella essa versava in una situazione di perdurante illiquidità, in quanto quest’ultima: a) vantava cospicui crediti nei confronti di varie società, come dimostrato dalle insinuazioni nei relativi passivi fallimentari; b) evidenziava perdite pregresse ed un elevato passivo come da situazioni contabili in atti; c) accedeva a rateizzazioni per poter provvedere al pagamento delle imposte relative agli anni pregressi; d) provava attraverso le dichiarazioni dei redditi dei soci l’impossibilità, anche potenziale, che gli stessi potessero, con risorse proprie, fare fronte alla illiquidità della società ed alla crisi finanziaria della stessa.
Per tali specifiche motivazioni il la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado rigetta l’appello, confermando la pretesa tributaria portata dalla cartella opposta limitatamente alle imposte ed agli interessi, con esclusione delle sanzioni.
Per leggere la sentenza clicca qui.
Lo Studio è a disposizione per maggiori informazioni. (contatti)