LEGITTIMO L’UTILIZZO DELLE PERDITE DELLA SOCIETÀ INCORPORATA ANCHE SENZA IL SUPERAMENTO DI UNO DEI REQUISITI DEL C.D. “TEST DI VITALITÀ” – CGT di primo grado di Belluno, sez. 2, sentenza n. 10/2023, depositata il 30.5.2023
La società ricorrente, partecipata da enti pubblici ed esercente l’attività di distribuzione di combustibili gassosi, aveva incorporato una società svolgente attività nell’ambito delle energie rinnovabili. La società incorporata aveva una perdita fiscale superiore ad € 400.000. Non risultando superato uno dei requisiti del c.d. “test di vitalità” previsto dall’art. 172, comma 7, del Tuir, la società ricorrente non aveva utilizzato la perdita in dichiarazione ed aveva presentato l’istanza di rimborso delle somme indebitamente pagate, impugnando il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate. I Giudici di prime cure, analizzata l’operazione nel suo complesso, hanno ritenuto sussistessero le condizioni per disapplicare la normativa antielusiva, in quanto si poteva escludere che l’operazione, nella sua globalità, avesse avuto una qualche finalità elusiva. In primo luogo, perché, nel caso di specie, ci si trova di fronte «– tanto con riferimento alla società incorporante che con riguardo alla società incorporata – a soggetti collettivi che operano nell’ambito dei servizi pubblici essenziali (attinenti la produzione e la distribuzione di energia) e che sono interamente partecipati da enti pubblici; soggetti per i quali è, all’evidenza, assai difficile, proprio in ragione della natura pubblica che li contraddistingue individuare intenti antielusivi». I dati emersi nel corso del giudizio, osservano i Giudici, inducono ad escludere che la società incorporata «potesse considerarsi una “bara fiscale”. Invero dei parametri imposti dall’art. 172 TUIR, i prime due erano stati pienamente rispettati (il patrimonio netto era ampiamente superiore alla perdita riportata; i ricavi dell’ultimo anno erano nettamente superiori al 40% della media dei ricavi dei due esercizi precedenti); mentre il terzo non era stato rispettato a causa di un lieve sforamento del parametro dei costi (peraltro con esclusivo riferimento ai costi del lavoro) che era stato inferiore al 40% dei due esercizi precedenti per sole 3.379 euro (il costo dell’esercizio 2017 era stato pari a 56.393,00 euro, contro una media dei due esercizi precedenti pari a 3.279,00 euro)». In ordine a quest’ultimo dato, peraltro, la società ricorrente ha fornito un’adeguata giustificazione, «osservando come il parametro sia stato violato in ragione del distacco di una parte del personale dipendente nell’organico della società controllante (con conseguente diminuzione del costo del personale imputato alla società che sarebbe stata successivamente incorporata) e del contemporaneo ritardo nel completamento del progetto di fusione (che spostando in avanti quest’ultima nell’esercizio successivo, ha determinato la diretta e pesante incidenza della predetta ricollocazione del personale nell’elaborazione dell’indice percentuale in precedenza richiamato)». Alla luce di ciò, la CGT di Belluno ha ritenuto «che il ricorso debba essere accolto, con conseguente diritto della società ricorrente ad ottenere il rimborso dell’imposta versata in ragione della mancata detrazione della perdita in grembo alla società incorporata».
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