NUOVI CREDITI D’IMPOSTA INDUSTRIA 5.0, CERTIFICAZIONI DI CONFORMITÀ E SANATORIA DEI CREDITI R&S
Si profila per le imprese la possibilità di accedere a nuovi crediti d’imposta commisurati alle spese sostenute nel 2024 e 2025 per investimenti che portino le aziende verso la transizione digitale ed ecologica dei propri processi di produzione.
È il Piano Transizione 5.0 che, mantenendo la conformazione delle misure precedenti, non si sostituisce ma si affianca al modello dell’Industria 4.0 completandolo e introducendo un credito di imposta aggiuntivo al credito di imposta transizione 4.0.
Il credito d’imposta transizione 5.0 implementa, dunque, le politiche industriali di investimento nel digitale in un’ottica green.
Esso viene concesso, infatti, alle imprese che investono i) nell’acquisto di beni strumentali materiali e immateriali 4.0 (e quindi in attività digitali finalizzate all’adozione di tecnologie avanzate che consentono di migliorare la competitività dei processi produttivi), ii) in attività necessarie all’autoproduzione e all’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili (in modo da favorire il passaggio ad un modello di sviluppo che valorizza il riciclo, il riuso e la rigenerazione delle risorse), iii) nella formazione del personale per l’acquisizione di competenze per la transizione verde.
Se, dunque, l’Industria 4.0 rappresenta un programma d’incentivazione dell’automazione industriale mediante nuove tecnologie capaci di aumentare la qualità produttiva degli impianti attraverso la digitalizzazione, l’Industria 5.0 lo implementa in modo che gli investimenti in ambito digitale producano conseguenze anche in termini di efficienza energetica.
Ecco perché le imprese che decidono di investire in progetti avanzati di Industria 5.0 possono beneficiare di vantaggi fiscali significativi.
È prevista l’acquisizione della certificazione di un soggetto terzo specializzato e indipendente che attesti, prima dell’investimento, il rispetto dei criteri di riduzione del consumo energetico e, dopo l’investimento, l’effettivo raggiungimento degli standard energetici prefissati.
Nel frattempo, è già istituito l’albo degli enti che possono certificare (purché non si trovino in situazioni di conflitto di interesse o di cointeressenza nell’impresa certificata) la conformità delle attività di ricerca e sviluppo di cui alla L. n. 160/2019 e delle attività di innovazione tecnologica digitale 4.0 e di transizione ecologica ai fini del riconoscimento del credito d’imposta.
Il D.L. n. 73/2022 e il Dpcm 15 settembre 2023 hanno previsto che la certificazione può attestare la qualificazione degli investimenti già effettuati o ancora da effettuare ai fini della loro classificazione nell’ambito delle attività fiscalmente agevolabili.
Tale certificazione può essere richiesta, però, a condizione che le violazioni relative all’utilizzo dei crediti d’imposta non siano state già constatate con processo verbale o contestate con atto impositivo.
Ciò in quanto detta certificazione esplica effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, nel senso che, in assenza di verbali di constatazione già notificati, essa preclude l’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate e gli atti di quest’ultima, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato nella certificazione sono nulli, a meno che la certificazione, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti, non sia stata rilasciata per un’attività diversa da quella concretamente realizzata.
Si segnala, infine, che è stata prorogata dal D.L. n. 145/2023 (e dall’emendamento della sua legge di conversione) al 30 luglio 2024 la presentazione dell’istanza di regolarizzazione dei crediti d’imposta per ricerca e sviluppo senza sanzioni e interessi che consente di richiedere l’adesione al riversamento spontaneo (prevista dal D.L. n. 146/2021, art. 5, commi da 7 a 12) per quei crediti maturati tra il 2015 e il 2019 e utilizzati indebitamente in compensazione al 22 ottobre 2021.
Resta fermo al 16 dicembre 2024 il termine per il pagamento.
La regolarizzazione è destinata a sanare l’indebito utilizzo del credito d’imposta perché, ad esempio, le attività svolte non sono in tutto o in parte definibili come attività di ricerca e sviluppo o perché sono stati commessi errori nella quantificazione e qualificazione delle spese ammissibili, ma non in caso di condotte fraudolente, fattispecie simulate, documentazione e fatture false, carenza di documentazione idonea a dimostrare il sostenimento di spese ammissibili al credito d’imposta.
Essendo una regolarizzazione spontanea, il credito non deve essere stato già contestato con atto di recupero o con altro provvedimento impositivo diventati definitivi al 22 ottobre 2021, altrimenti la sanatoria dovrà obbligatoriamente riguardare l’intero credito e non potrà beneficiare della rateazione.
Essa, infine, produce effetti sul fronte penale, rendendo non punibile il reato di indebita compensazione previsto dall’art. 10 quater del D.Lgs. n. 74/2000.
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