RADDOPPIO DEI TERMINI E PROVVEDIMENTO DI IRROGAZIONE DI SANZIONI PER OMESSA REGOLARIZZAZIONE DI FATTURE RELATIVE AD OPERAZIONI SOGGETTIVAMENTE INESISTENTI
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 534 del 2024, ha stabilito che la disciplina del raddoppio dei termini di decadenza dell’azione accertativa (ratione temporis vigente) si applica anche in caso di irrogazione di sanzioni al cessionario ex art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997, per omessa regolarizzazione di fatture relative ad operazioni soggette a reverse charge soggettivamente inesistenti.
Al contribuente – in quanto soggetto cessionario e utilizzatore delle fatture soggettivamente inesistenti per interposizione fittizia del fornitore – veniva notificato sia un avviso di accertamento per indebita detrazione Iva (con relative sanzioni) sia un ulteriore atto di contestazione di sanzioni per omessa regolarizzazione delle fatture, entrambi oltre i termini decadenziali normalmente previsti. Ad avviso dell’Agenzia, infatti, gli atti avrebbero beneficiato del raddoppio dei termini, previsto per fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale.
Il contribuente si difendeva in giudizio sostenendo l’inapplicabilità del raddoppio dei termini all’atto di contestazione di sanzioni per omessa regolarizzazione di fatture, in quanto trattasi di violazione non collegata ad alcun tributo.
Peraltro, ad avviso del contribuente, tale interpretazione sarebbe stata confermata dal legislatore stesso, che avrebbe introdotto il raddoppio dei termini solo per gli atti di accertamento delle imposte sui redditi e dell’Iva (con relative sanzioni), ma non anche per i separati provvedimenti di irrogazione di sanzioni ad esse non collegati, non essendo stato modificato l’art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997, a differenza degli artt. 43 del d.p.r. n. 600 del 1973 e 57 del d.p.r. n. 633 del 1972.
La Suprema Corte, tuttavia, ha totalmente disatteso la doglianza del contribuente, ritenendo che si applichi il raddoppio dei termini anche all’atto di contestazione di sanzioni per omessa regolarizzazione di fatture di acquisto relative ad operazioni soggettivamente inesistenti. Secondo la Corte, la sanzione, prevista all’art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997, è comunque legata all’accertamento di fatture emesse per operazioni inesistenti.
La statuizione della Corte sembra poggiarsi sulla lettura dell’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015, che ha escluso la tardività di qualsiasi provvedimento di irrogazione di sanzioni amministrate, notificato prima dell’entrata in vigore della legge, purché effettivamente collegato con il fatto per cui è sorto l’obbligo legale di denuncia penale.
Collegamento che è intravisto dalla Suprema Corte in caso di omessa regolarizzazione – ad opera del cessionario – di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti per interposizione fittizia del formale fornitore.
Ne deriva, alla luce della citata ordinanza, un ulteriore aggravio, per il cessionario di beni o di servizi, delle conseguenze potenzialmente derivanti a suo carico da un eventuale omesso controllo della genuinità e della effettività del proprio fornitore, verifica che il cessionario dovrebbe effettuare secondo la specifica diligenza richiesta dalla giurisprudenza della Corte di legittimità per andare esente da responsabilità tributaria.
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