Sentenze commentateNON INTEGRA LA FATTISPECIE DI ABUSO DEL DIRITTO L’ACQUISTO DAI SOCI DI AZIONI PROPRIE PRECEDENTEMENTE RIVALUTATE – CGT di secondo grado del Veneto, sez. 7, sentenza n. 516/2024, depositata il 17.6.2024 – ST. 53 2024

12/11/2024

NON INTEGRA LA FATTISPECIE DI ABUSO DEL DIRITTO L’ACQUISTO DAI SOCI DI AZIONI PROPRIE PRECEDENTEMENTE RIVALUTATE – CGT di secondo grado del Veneto, sez. 7, sentenza n. 516/2024, depositata il 17.6.2024

L’Agenzia delle Entrate contestava l’abuso del diritto nelle operazioni di rivalutazione delle quote di partecipazione da parte dei soci uscenti e di successivo acquisto delle azioni proprie da parte della società, in quanto, pur formalmente rispettose delle norme fiscali, «avrebbero fatto in maniera che i flussi finanziari percepiti» dai soci «avessero la natura fiscale di corrispettivi e quindi di redditi diversi con conseguente applicazione delle norme sulla rivalutazione e con l’effetto» di ottenere «un azzeramento delle plusvalenze di cui all’art.67 TUIR». In realtà, secondo l’accusa, «le somme ottenute dai soci dovevano essere considerate alla stregua di dividendi con ciò evitandosi l’elusione della tassazione quale prevista dagli artt.27 D.P.R. 600/73 per le partecipazioni non qualificate e 47 TUIR». I Giudici di seconde cure non hanno condiviso la tesi erariale ed hanno ritenuto che le operazioni dei soci così come la «successiva cessione alla Società, risultano perfettamente lecite e legittime ed a ben vedere non rientrano in un più ampio disegno fraudolento posto in essere da tutte le parti coinvolte per frodare lo Stato. Semplicemente i soci non hanno fatto altro se non optare per quel regime applicabile alla fattispecie in esame che per loro risultava più conveniente da un punto di vista fiscale. E non può certamente essere condannato a priori il Contribuente che cerchi di risparmiare delle imposte, di porre in essere un’operazione imprenditoriale giuridicamente rilevante secondo le (legittime) modalità che delle norme (piuttosto di altre) gli consentono di applicare. Scegliere il regime fiscale a sé più favorevole non può certo considerarsi un comportamento poco virtuoso nel momento in cui non viola alcuna norma tributaria e, anzi, ne prevede proprio la più stringente applicazione. Nella sequenza negoziale di rivalutazione e cessione non vi è stato dunque alcun intento elusivo/abusivo poiché, si ripete, l’operazione contestata non ha aggirato alcuna norma né ha violato alcun principio del nostro Ordinamento tributario: la possibilità di vendere le quote rivalutate (con relativo versamento di una imposta sostitutiva) è infatti pienamente conforme alla previsione normativa di cui alla L. 28/01/2001 n.448 e successive proroghe».

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