L’Agenzia delle Entrate, mutando il proprio precedente orientamento, ha di recente confermato che i beni trasferiti in un Trust non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni.
L’art. 2, comma 47, del D.L. n. 262 del 2006, dispone che è istituita «l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione e a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001 …».
L’Agenzia delle Entrate, con le circolari 6 agosto 2007, n. 48/E, e 22 gennaio 2008, n. 3/E, riteneva che tale disposizione di legge autorizzasse l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche su un semplice atto di devoluzione di beni, diritti o altre entità patrimoniali in un Trust.
Si trattava di un’interpretazione poco ragionevole del testo di legge, giacché:
- portava all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni su situazioni che nulla avevano a che vedere con la liberalità (come nelle ipotesi di Trust istituiti per compattare diritti di voto frazionati);
- portava all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche nell’ipotesi di mancanza di beneficiari (ad esempio, se spettava al trustee l’incarico di individuarli) o nell’ipotesi di successivo incremento dei beneficiari (come nel caso del Trust a favore dei figli nati o nascituri);
- portava all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche laddove il disponente risultasse tra i beneficiari del Trust.
Non solo.
Nell’ipotesi di “Trust autodichiarato” (quello in cui il disponente nomina sé stesso come fiduciario, vincolando agli scopi del Trust una fetta del proprio patrimonio), l’imposta andava a gravare su una mera segmentazione del patrimonio del disponente, senza che vi fosse alcun trasferimento di ricchezza.
Onde evitare distorsioni di questo tipo, è evidente che occorre aderire ad una lettura dell’art. art.2, comma 47, del D.L. n. 262 del 2006 che porti a tassare il vincolo di destinazione non tanto alla semplice istituzione del Trust, bensì al momento in cui si realizzino i medesimi risultanti economici degli atti di donazione, ossia quando avviene il definitivo passaggio dei beni dal disponente ai beneficiari.
In questo senso è chiarissimo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 25478 del 18 dicembre 2015, ove si afferma che non si può sottoporre l’atto costitutivo di un Trust ad imposizione proporzionale immediata, non potendo tale atto essere espressione della capacità contributiva del trustee, visto che «l’acquisto da parte del trustee … costituisce solo un mezzo funzionale alla realizzazione dell’effetto finale successivo, che si determina nell’attribuzione definitiva del bene al beneficiario». Sicché, conclude la Corte di Cassazione, «solo l’attribuzione al beneficiario può considerarsi, nel trust, il fatto suscettibile di manifestare il presupposto dell’imposta sul trasferimento di ricchezza».
Nella stessa direzione si è pronunciata la sentenza n. 21614 del 26 ottobre 2016 della Corte di Cassazione, ove:
- dapprima, osserva che «la costituzione del trust – come è normale che avvenga per i “vincoli di destinazione” – produce soltanto efficacia “segregante” i beni eventualmente in esso conferiti e questo sia perché degli stessi il trustee non è proprietario bensì amministratore e sia perché i ridetti beni non possono che essere trasferiti ai beneficiari in esecuzione del programma negoziale stabilito per la donazione indiretta»;
- indi, ritiene che sia erroneo il convincimento «che il conferimento di beni nel trust dia luogo ad un reale trasferimento imponibile», giacché un reale trasferimento è «all’evidenza impossibile perché del tutto contrario al programma negoziale di donazione indiretta per cui è stato predisposto e che … prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua “segregazione” fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari»;
- infine, giunge alla conclusione che «per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni manca quindi il presupposto impositivo della liberalità alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti (D.Lgs. n. 346 cit., art.1)».
In questo quadro, continua la Corte, l’art. 2, comma 47, del D.L. n. 262 del 2006, non può essere letto nel senso che l’imposta sulle donazioni colpisca indiscriminatamente i vincoli di destinazione dei beni nell’ipotesi di istituzione dei Trust. La preoccupazione del legislatore, riversata in detta disposizione di legge, era quella di evitare che «un’interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni disciplinata mediante il richiamo al già abrogato D.Lgs. n. 346 cit. potesse dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso fosse stato collocato all’interno di una fattispecie tutto sommato di “recente” introduzione come quella dei “vincoli di destinazione” e quindi per niente affatto presa in considerazione dal ridetto “vecchio” D.Lgs. n. 346 cit.». Ecco allora che, «l’interpretazione non solo logicamente più corretta, ma anche quella che appare essere l’unica costituzionalmente orientata» è che l’art. 2, comma 47, del D.L. n. 262 del 2006 non abbia introdotto una nuova imposta sui vincoli di destinazione, ma che «l’unica imposta espressamente istituita» da tale norma sia stata «la reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare assoggettati i “vincoli di destinazione”, con la scontata conseguenza che il presupposto d’imposta rimane quello stabilito dal D.Lgs. n. 346 cit., art. 1, del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari».
La successiva sentenza della Corte di Cassazione, del 17 gennaio 2019, n. 1131, è giunta alla conclusione:
- che «un’indiscriminata imponibilità degli atti costitutivi di vincoli di destinazione non appare espressione di una ragionevole discrezionalità, non arbitrio (Corte Cost. n. 4/1954 e n. 83/2015), del legislatore, per cui la interpretazione normativa sollecitata dalla odierna ricorrente risulta non percorribile, perché se per ritenere integrato il presupposto d’imposta occorre riferirsi soltanto al perfezionamento del negozio costitutivo del vincolo, non è comprensibile la collocazione sistematica della “nuova” imposta accanto alle imposte sui trasferimenti di beni e diritti mortis causa o con animus donandi ed ora anche a titolo gratuito, e perché, se è vero che il diritto tributario è qualificante, in quanto adegua alle proprie esigenze le fattispecie normative appartenenti ad altro ramo dell’ordinamento giuridico, tuttavia, il principio dell’unità del diritto impone comunque la non alterazione della struttura sostanziale delle fattispecie normative considerate»;
- e che, in definitiva, «la consapevolezza del legislatore delle problematicità insiste nel sottoporre a tassazione uno strumento negoziale tipologicamente assai variegato, quale appunto è il trust, segna inevitabilmente i limiti dell’intervento novellatore, che non si confronta con la complessità del fenomeno governato, per cui non si può trarre dallo scarno disposto dell’art. 2, comma 47. DL n. 262 del 2006, il fondamento normativo di un’autonoma imposta, intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo – in senso proprio – di beni e diritti, pena il già segnalato deficit di costituzionalità della novella così letta (Cass. n. 21614/2016)».
La Corte di Cassazione, dopo alcune incertezze iniziali, si è definitivamente orientata nel senso di sostenere che l’imposta sulle successioni e donazioni deve essere applicata solo nel momento in cui i beni confluiscono ai beneficiari finali del Trust, giacché solo così si integra il presupposto d’imposta ai sensi dell’art. 1 del D. Lgs. n. 346 del 1990.
L’Agenzia delle Entrate non poteva ignorare tale giurisprudenza e continuare a seguire le istruzioni palesemente contrarie alla legge diramate con le circolari n. 48/E del 2007 e n. 3/E del 2008. Ed infatti, con la pubblicazione della circolare n. 34/E del 30 ottobre 2022, ha apertamente dichiarato l’intenzione di abbandonare la precedente presa di posizione, affermando che «la “dotazione” di beni e diritti in trust, ai fini dell’applicazione della reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni, non dà luogo di per sé ad un effettivo trasferimento di beni o diritti e, quindi, ad un “arricchimento” dei beneficiari».
(Dott. Comm. Antonio Panizzolo)
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