Sentenze commentateIN CASO DI CREDITORE NON SODDISFATTO DI UNA SOCIETÀ DI CAPITALI CANCELLATA DAL REGISTRO DELLE IMPRESE, IL SOCIO PUÒ ESSERE…. – Cass. N. 32729, 24/11/2023. – Circolare N° 17 2023

12/12/2023

IN CASO DI CREDITORE NON SODDISFATTO DI UNA SOCIETÀ DI CAPITALI CANCELLATA DAL REGISTRO DELLE IMPRESE, IL SOCIO PUÒ ESSERE OBBLIGATO A RISPONDERE VERSO DI ESSO SOLO OVE QUEST’ULTIMO PROVI L’AVVENUTA DISTRIBUZIONE DELL’ATTIVO – ORDINANZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 32729, 24/11/2023

 

Si segnala la recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 32729 del 2023, con cui i giudici di legittimità hanno fornito importanti chiarimenti circa la facoltà del creditore non soddisfatto di una società di capitali cancellata dal Registro delle Imprese di agire nei confronti dell’ex socio per il soddisfacimento del proprio credito.

La vicenda era originata dall’azione promossa dalla Società Alfa s.r.l. unipersonale nei confronti della Società Beta s.r.l. dinanzi al Tribunale di Bassano del Grappa, al fine di sentire pronunciare la condanna della società convenuta, quale costruttrice e alienante dell’immobile ad uso artigianale di cui l’attrice era utilizzatrice in forza di contratto di leasing, al risarcimento dei danni per i gravi difetti costruttivi relativi ai serramenti forniti.

Resisteva la Società Beta, la quale, oltre ad insistere per il rigetto della domanda attorea, chiedeva e otteneva dal giudice di primo grado la chiamata in manleva della subappaltatrice, l’impresa individuale L.G., quale fornitrice e installatrice dei serramenti contestati, la quale si costituiva in giudizio negando ogni responsabilità.

Senonché, all’udienza del 12 dicembre 2017, era dichiarata l’interruzione del processo, in ragione della cancellazione della Beta S.r.l. dal registro delle imprese. Il processo era dunque riassunto verso il socio unico della società convenuta, A.F., il quale si costituiva eccependo che nulla aveva ricevuto in sede di liquidazione della cessata società e coltivando comunque la domanda di manleva verso la terza chiamata.

Il giudice di primo grado condannava l’ex socio A.F. al risarcimento del danno in favore della Alfa S.r.l., e – in accoglimento della spiegata chiamata di terzo in garanzia – disponeva altresì che la subappaltatrice L.G. tenesse indenne A.F. di quanto questi avesse corrisposto in favore della società attrice. Secondo il Tribunale, infatti, la cancellazione della Società dal Registro delle Imprese non incideva sulla legittimazione processuale dei Soci, ma al più sull’interesse ad agire dei creditori sociali, interesse che tuttavia non era di per sé escluso dalla circostanza che i soci non avessero partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, si fossero trasferiti ai soci.

Proponevano separati appelli avverso la sentenza di prime cure l’ex socio A.F. e la subappaltatrice L.G., denunciando, tra le altre cose, l’insussistenza dei presupposti per la condanna dell’ex socio unico della società appaltatrice estinta al pagamento del debito sociale, non avendo questi percepito alcunché all’esito della redazione del bilancio finale di liquidazione.

Si costituiva nei giudizi d’appello la società Alfa s.r.l., la quale deduceva che non vi era alcuna prova che l’ex socio A.F. non avesse percepito alcunché a seguito della liquidazione della società, incombendo il relativo onere sulla controparte. Aggiungeva, inoltre, che non tutte le poste attive che facevano capo alla società originariamente convenuta erano state oggetto di liquidazione, rimanendo pur sempre esistente il diritto di credito nei confronti della terza chiamata, la cui esistenza aveva avuto conferma proprio dalla sentenza appellata, sicché il diritto di manleva non compreso nel bilancio finale di liquidazione si era trasferito al socio unico, il quale, pertanto, nei limiti della domanda di manleva, avrebbe risposto delle obbligazioni della cessata società di capitali.

Previa riunione dei giudizi d’impugnazione, la Corte di Appello di Venezia accoglieva parzialmente gli appelli e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda di risarcimento dei danni per i vizi dell’opera appaltata.

Il collegio di seconde cure osservava, infatti, che la responsabilità del socio, all’esito della cancellazione della società, non poteva estendersi all’intero debito, se di entità superiore rispetto a quanto riscosso dal socio e che, pertanto, nel caso di specie, il socio unico A.F. avrebbe risposto dei debiti della società cancellata nei limiti di quanto ricevuto a seguito della liquidazione, essendo onere del creditore dimostrare che il socio avesse ottenuto una parte dell’attivo sociale, prova che non era stata fornita dalla Alfa s.r.l.

La Corte d’Appello evidenziava, inoltre, come non potesse sostenersi che il socio unico avesse ricevuto, a seguito dell’estinzione della società, il diritto di manleva, in quanto quest’ultimo rappresentava un posterius rispetto alla condanna a risarcire la Alfa e, dunque, non possedeva un’autonoma consistenza patrimoniale, con la conseguenza che, al momento dell’estinzione della società, questa non era titolare di un diritto di credito nei confronti del terzo chiamato, diritto che in conseguenza non era passato in capo al socio.

Proponeva, quindi, ricorso per Cassazione la società Alfa s.r.l. , deducendo la violazione la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3, dell’art. 2495 c.c., secondo comma, c.c. per avere la Corte di merito attribuito efficacia estintiva alla cancellazione della società rispetto al debito sociale, anziché contemplare un fenomeno successorio di tale debito, tanto più che il diritto di garanzia nei confronti della propria subappaltatrice, come azionato nel giudizio di primo grado dalla società poi estinta, si era trasferito al socio unico, quale credito condizionato ma perfetto nella sua esistenza giuridica.

La Suprema Corte rigetta il ricorso.

I giudici di legittimità, infatti, chiariscono in primo luogo che, secondo un consolidato orientamento nomofilattico, «in caso di credito non soddisfatto verso la società di capitali cancellata dal registro delle imprese, il socio può essere obbligato a rispondere verso il creditore sociale ove quest’ultimo provi l’avvenuta distribuzione dell’attivo e la conseguente riscossione di una quota di esso da parte del socio in base al bilancio finale di liquidazione, incombendo, di converso, sul socio convenuto in giudizio l’onere della prova di aver effettivamente utilizzato le somme ricevute in base al bilancio finale di liquidazione per il pagamento dei debiti della società (Cass. Sez. 2,Sentenza n. 10752 del 21.4.2023; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15474 del 22.6.2017; Cass. Sez. 6-5,Ordinanza n. 23916 del 23.11.2016; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7676 del 16.5.2012; Cass. Sez. 5,Sentenza n. 19732 del 10.10.2005)».

Nel caso di specie, quindi, come correttamente statuito dalla Corte d’Appello, era da escludersi che il socio unico della società estinta, all’esito della cancellazione volontaria, potesse rispondere del debito sociale, in mancanza di alcuna prova – a fronte della deduzione del socio circa la mancata riscossione di alcunché in base al bilancio finale di liquidazione – che, invece, questi avesse riscosso denaro o altri beni a seguito della liquidazione sociale.

In secondo luogo, la Corte di Cassazione ha modo di evidenziare che la condanna del socio unico per il titolo risarcitorio rivendicato, all’esito della cancellazione della società di capitali, non avrebbe potuto essere giustificata dalla successione del socio nel diritto di credito non compreso nel bilancio finale di liquidazione, rappresentato dalla manleva, diritto nei limiti del cui valore questi avrebbe dovuto rispondere delle obbligazioni sociali.

Ciò in base al rilevo fondamentale per cui la copertura della garanzia avrebbe presupposto la successione del socio unico nel debito sociale, circostanza a monte esclusa dal difetto di prova sulla riscossione di somme di denaro o dalla assegnazione di beni sociali in favore del socio, con la conseguenza che, venuto meno il debito principale – nel quale non è succeduto il socio -, è altresì esclusa l’operatività della manleva.

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