Sentenze commentateÈ SANZIONABILE L’UTILIZZO MERAMENTE VIRTUALE (OVVERO PER FINALITÀ SOLO CONTABILI) DEI … – Circolare N° 15 2023

16/11/2023

È SANZIONABILE L’UTILIZZO MERAMENTE VIRTUALE (OVVERO PER FINALITÀ SOLO CONTABILI) DEI DEPOSITI FISCALI IVA. ORDINANZA CORTE DI CASSAZIONE N. 25239/2023 D.D. 24/08/23 – Circolare N° 15 2023

Si segnala l’Ordinanza in epigrafe segnata, la quale afferma la possibilità di irrogare la sanzione ex art. 13 del D.Lgs. n. 471/97 nei casi di “utilizzo meramente virtuale per finalità solo contabili” dei depositi fiscali IVA.

Come noto, già con sentenza del 17/07/2014, in C-272/13 (Equoland), la CGUE ha risolto le seguenti due questioni pregiudiziali, sottoposte alla propria cognizione, da parte di un Giudice Tributario italiano, chiamato a decidere di una controversia concernente la richiesta dell’Agenzia delle Dogane di pagamento dell’IVA relativa a merce introdotta in un deposito fiscale solo “virtualmente”, cioè senza introduzione fisica ma solo contabile:

  • se l’articolo 16, paragrafo 1, della Sesta Direttiva IVA n.77/388 del Consiglio del 17 maggio 1977 osta ad una normativa nazionale che subordini la concessione della sospensione dal pagamento dell’IVA all’importazione alla condizione che le merci importate e destinate ad un deposito fiscale ai fini IVA siano introdotte fisicamente in quest’ultimo;
  • se la suddetta Sesta Direttiva debba essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’IVA, essa osta ad una normativa nazionale in base alla quale uno Stato membro richieda il pagamento dell’IVA all’importazione sebbene sia stata già regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile.

 

Nello specifico, la CGUE, quanto alla prima questione, ha stabilito che spetta agli Stati membri determinare le formalità che il soggetto passivo deve assolvere al fine di poter beneficiare dell’esenzione dal pagamento dell’IVA; conseguentemente, è stato ritenuto legittimo l’obbligo, previsto dalla normativa nazionale italiana, e posto a carico del soggetto passivo, di introdurre fisicamente la merce importata nel deposito fiscale al fine di poter beneficiare dell’agevolazione. Infatti, secondo la Corte europea, detto obbligo mira a garantire l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare l’evasione, per cui non contrasta con la ridetta Direttiva.

Quanto alla seconda questione pregiudiziale, la CGUE ha affermato che è legittima la previsione di una sanzione per il mancato rispetto dell’obbligo di introduzione fisica delle merci nel deposito IVA, ma ha altresì osservato come detta sanzione debba rispettare il principio di proporzionalità, il quale impone di tenere conto della natura e della gravità dell’infrazione. In particolare, il Collegio ha evidenziato che, nel caso sottoposto alla propria cognizione, dalla violazione dell’obbligo formale di introduzione fisica della merce nel deposito non era conseguita evasione dell’IVA, in quanto l’imposta non pagata all’importazione era stata assolta dall’importatore tramite il meccanismo dell’inversione contabile, con una regolarizzazione che ha comportato soltanto un ritardato pagamento, non equiparabile a un tentativo di evasione o di frode. Conseguentemente, se uno Stato membro richiede al soggetto passivo, oltre ad una maggiorazione del 30 % (ex art. 13 del D.Lgs. n. 471/97), di versare nuovamente l’IVA dovuta all’importazione, senza riconoscere il diritto alla detrazione della stessa, viola il principio di neutralità dell’IVA stabilito dal diritto dell’Unione europea.

Segnatamente, riguardo alla sanzione pari al 30% dell’imposta, i giudici dell’Unione Europea hanno rilevato come la sua determinazione in misura fissa, senza possibilità di graduazione in relazione alle circostanze specifiche, potrebbe rivelarsi sproporzionata, così come potrebbero esserlo gli interessi moratori se il loro ammontare globale fosse eccessivo.

Proprio in ragione di tale ultimo principio, l’Ordinanza ora in esame, accogliendo il ricorso per Cassazione proposto dall’Agenzia, ha stabilito che:  “l’utilizzo da parte dell’importatore dei depositi fiscali in via meramente virtuale per finalità solo contabili, pur non consentendo il recupero dell’imposta, anche ove tardivamente assolta, con il meccanismo del “reverse charge”, legittima, in ragione dello scarto temporale tra la dichiarazione e l’autofatturazione, l’applicazione della sanzione ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 sia pure nel rispetto del principio di proporzionalità, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13.”

Per l’effetto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata ed ha rinviato al giudice di secondo grado, al fine di quantificare il ritardo e graduare la sanzione, avuto riguardo al giorno in cui il giudice del merito accerterà essere avvenuta l’autofatturazione.

 

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