LEGITTIMO IL RIMBORSO DELL’IVA IN CAPO ALLE SOCIETÀ DI COMODO.
La legislazione italiana, e segnatamente l’art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha per decenni impedito il rimborso dell’Iva a credito in capo alle cosiddette “società di comodo”, ossia società che conseguono ricavi in misura inferiore a determinati parametri fissati per legge.
Il divieto, introdotto in un’ottica antielusiva, è sempre sembrato troppo penalizzante per le società che esercitano un’attività commerciale ma, per le ragioni più svariate (congiuntura sfavorevole, operazioni non andate a buon fine, avversità di varia natura), non riescono a raggiungere standard economici apprezzabili.
La questione è stata di recente sottoposta all’attenzione della Corte di Giustizia dell’UE (causa C-341/22), la quale, con sentenza depositata in data 7 marzo 2024, si è pronunciata nel senso di ritenere che l’art. 167 della direttiva IVA n. 2006/112, nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità «ostano a una normativa nazionale in forza della quale un soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuato da tale soggetto passivo a valle».
Con tale sentenza, la Corte di Giustizia UE ha dichiarato la disciplina nazionale in materia di società di comodo incompatibile con il diritto unionale, con la conseguenza che ogni organo dello Stato è tenuto a disapplicare l’art. 30 della legge n. 724 del 1994 e a riconoscere, per tutti i rapporti ancora pendenti, il diritto al rimborso dell’Iva a credito maturata in capo alle società si comodo.
Dott. Panizzolo
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