CircolariVALORE IN DOGANA – ROYALTIES – CORTE DI CASSAZIONE ORDINANZA N. 839/2024 DEL 09/01/2024 – ST. 9 2024

01/03/2024

VALORE IN DOGANA – ROYALTIES – CORTE DI CASSAZIONE ORDINANZA N. 839/2024 DEL 09/01/2024

Si segnala l’Ordinanza in oggetto indicata, con la quale la Suprema Corte di Cassazione ritorna ad affrontare la questione della possibilità di includere i “diritti di licenza” (cd. royalties) nella determinazione del valore doganale ai sensi dell’art. 32 CDC (attuale art. 71 par. 1, lett. c CDU e art.136 RE).

In particolare, come noto, il valore in dogana delle merci importate è, di regola, il valore di transazione, ossia il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci, quando siano vendute per l’esportazione, a destinazione del territorio doganale dell’Unione. Detto valore deve considerare tutti i fattori economicamente rilevanti, tra cui anche i diritti di licenza, qualora i corrispondenti beni immateriali siano incorporati nella merce, così esprimendone o contribuendo ad esprimerne il valore economico.

Pertanto, osserva la Corte “qualora il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate non ne includa il relativo importo, l’art. 32, par. 1, lett. c), CDC stabilisce che al prezzo si addizionano «i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci da valutare (…)». Peraltro, ai sensi dell’art. 157, par. 2, DAC, ai fini di computare i diritti di licenza nel valore della merce devono ricorrere tre concorrenti condizioni: a) i corrispettivi o i diritti di licenza non devono essere stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare; b) detti corrispettivi o diritti devono riferirsi alle merci da valutare; c) l’acquirente è tenuto a versare tali corrispettivi o diritti di licenza come condizione della vendita delle merci da valutare”.

Specificatamente, con riguardo al caso in cui il diritto di licenza si riferisca a un marchio di fabbrica, ossia al diritto d’importare e di commercializzare prodotti riportanti marchi commerciali – continua la Corte – “l’art. 159 DAC specifica che il relativo importo si aggiunge al prezzo effettivamente pagato o da pagare soltanto se: 1) il corrispettivo o il diritto di licenza si riferisce a merci rivendute tal quali o formanti oggetto unicamente di lavorazioni secondarie successivamente all’importazione; 2) le merci sono commercializzate con il marchio di fabbrica, apposto prima o dopo l’importazione, per il quale si paga il corrispettivo o il diritto di licenza; 3) l’acquirente non è libero di ottenere tali merci da altri fornitori non legati al venditore”.

Nel caso deciso dalla Corte, è stato acclarato – nel merito – che le condizioni sub a) e b) sono state rispettate.

“La questione dirimente risulta, allora” – afferma la Corte – “quella concernente la terza condizione, data dalla configurabilità del versamento dei diritti di licenza come condizione di vendita della merce, nozione non precisata né dall’art. 32, § 1, lettera c), CDC, né dall’art. 157, § 2, DAC; peraltro, secondo CGUE 9 marzo 2017, causa C-173/15, cit., essa si traduce nella verifica se il venditore sia disposto, o no, a vendere le merci senza che sia pagato il corrispettivo del diritto di licenza, nonché, tenuto conto del fatto che ci si riferisce ad un marchio di fabbrica (cfr. art. 159 DAC), nella verifica se il titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei diritti di licenza”.

In particolare, secondo i Giudici di legittimità, la sussistenza di tale potere di controllo va opportunamente valutata con approccio casistico, alla luce degli indici sintomatici elaborati -nell’ambito della “soft law unionale” – dalla TAXUD/800/2002/IT del 2007, commento n.11, del comitato del Codice doganale (oggi richiamati ed aggiornati nel doc. TAXUD 2623395 rev. 2020), che è “ormai parte dell’acquis communautaire.

Ed infatti “l’allegato 23 al DAC (…) stabilisce che: si considera che una persona ne controlli un’altra quando la prima sia in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un potere di costrizione o di orientamento sulla seconda

Il controllo è dunque inteso in un’accezione ampia: da un lato, sul piano della fattispecie, perché è assunto per la sua rilevanza anche di fatto; dall’altro, su quello degli effetti, perché ci si contenta dell’effetto di “orientamento” del soggetto controllato. Quest’accezione ampia e necessariamente casistica, d’altronde, ben si coordina con la nozione economica del valore doganale, la quale si traduce nel rilievo, anch’esso di fatto, degli elementi che definiscono il valore economico del bene”.

Ne discende, in conclusione, che “…in tema di diritti doganali, ai fini della determinazione del valore in dogana di prodotti che siano stati fabbricati in base a modelli e con marchi oggetto di contratto di licenza e che siano importati dalla licenziataria, il corrispettivo dei diritti di licenza va aggiunto al valore di transazione, a norma dell’art. 32 del regolamento CEE del Consiglio 12 ottobre 1992, n.2913, come attuato dagli artt. 157, 159 e 160 del regolamento CEE della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, qualora il titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei diritti di licenza”.

 

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