Sentenze commentateNELLE CONTROVERSIE TRIBUTARIE IN CUI VENGA IMPUGNATA UNA CARTELLA DI PAGAMENTO, L’AGENZIA… – Cass. 5 ottobre 2023, n. 28131. – Circolare N° 16 2023

21/11/2023

NELLE CONTROVERSIE TRIBUTARIE IN CUI VENGA IMPUGNATA UNA CARTELLA DI PAGAMENTO, L’AGENZIA DELLE ENTRATE NON È TITOLARE DELLA LEGITTIMAZIONE AD APPELLARE LA PRONUNCIA DI PRIMO GRADO SE NON È STATA PARTE DEL GIUDIZIO, NONOSTANTE CHE L’OGGETTO DELLA CONTROVERSIA NON FOSSE SOLTANTO LA VALIDITÀ FORMALE DELLA CARTELLA MA ANCHE LA LEGITTIMITÀ DELLA PRETESA TRIBUTARIA – Cass. 5 ottobre 2023, n. 28131. – Circolare N° 16 2023

 

Si segnala un’importante ordinanza della Corte di Cassazione, con cui i giudici di legittimità hanno chiarito i limiti della facoltà dell’Agenzia delle Entrate di appellare le pronunce di primo grado.

La pronuncia della Suprema Corte trae origine da una vicenda in cui un contribuente, la società Alfa s.r.l., impugnava una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato del Mod. Unico 2011 redatto dalla medesima Società per recupero dell’IVA non versata con riferimento all’anno d’imposta 2010. Resisteva l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, mentre non prendeva parte al giudizio l’Agenzia delle Entrate.

All’esito del primo grado di giudizio, la Società ricorrente risultava parzialmente vittoriosa.

Proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, la quale, come detto, non era stata parte nel giudizio di primo grado.

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate. Secondo i giudici di seconde cure, infatti, l’Agenzia doveva considerarsi priva di legittimazione processuale non essendo stata parte del giudizio di primo grado, e non avendo, di conseguenza, la facoltà di proporre appello.

L’Agenzia delle Entrate, pertanto, impugnava la sentenza di seconde cure dinanzi alla Corte di Cassazione, invocando la violazione degli artt. 14 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e 100 c.p.c. Secondo l’Ufficio, infatti, l’Agenzia delle Entrate, nonostante la mancata partecipazione al giudizio di primo grado, sarebbe stata in ogni caso titolare della legittimazione a proporre appello, in quanto nel giudizio non si controverteva esclusivamente circa la validità formale della cartella di pagamento, atto dell’agente della riscossione, ma anche della pretesa tributaria, avendo la società contribuente contestato la debenza degli interessi e delle sanzioni collegate al tributo.

La Corte di Cassazione, investita della questione, rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, chiarendo che la legittimazione ad impugnare la sentenza di prime cure spetta solo a chi è stato parte nel giudizio di primo grado. La Suprema Corte chiarisce, infatti, che «è principio giurisprudenziale quello secondo cui «La legittimazione a proporre l’impugnazione, o a resistere ad essa, spetta solo a chi abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito, secondo quanto risulta dalla decisione impugnata, tenendo conto sia della motivazione che del dispositivo, a prescindere dalla sua correttezza e corrispondenza alle risultanze processuali nonché alla titolarità del rapporto sostanziale, purché sia quella ritenuta dal giudice nella sentenza della cui impugnazione si tratta» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13584 del 30.5.2017, Rv. 644356; Cass. n. 15356 del 2020 e Cass. n. 20789 del 2014)».

Nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate non era stata parte del giudizio di primo grado né la sua veste di parte processuale o di soggetto titolare del rapporto sostanziale risultava dalla sentenza di primo grado, di conseguenza era priva della legittimazione attiva a proporre appello.

La Corte di Cassazione, inoltre, chiarisce che nelle controversie in cui vengano impugnati i provvedimenti di Agenzia delle Entrate-Riscossione non sussiste il litisconsorzio necessario tra l’Agenzia delle entrate e l’agente della riscossione, richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui «nelle cause di opposizione all’esecuzione forzata di crediti erariali mediante iscrizione a ruolo non sussiste litisconsorzio necessario fra l’ente creditore e il concessionario del servizio di riscossione, non rilevando che detta opposizione abbia ad oggetto non la regolarità o la ritualità degli atti esecutivi, ma l’esistenza stessa del credito, poiché l’eventuale difetto del potere di agire o di resistere in ordine a tale accertamento comporta l’insorgenza solo di una questione di legittimazione, la soluzione della quale non impone la partecipazione al giudizio dell’ente creditore; infatti, ai sensi dell’art. 39 del D. Lgs. n.112 del 1999, nelle liti che non riguardino esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi e che siano state promosse contro il concessionario, spetta a quest’ultimo procedere alla chiamata in causa dell’ente creditore interessato secondo lo schema di cui all’art. 106 c.p.c.» (Cass. n. 29798 del 2019).

Nei casi in cui il contribuente impugni un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, denunciando, oltre ai vizi propri della cartella, anche l’infondatezza della pretesa tributaria, è onere dell’Ente della Riscossione chiamare in causa l’Agenzia delle Entrate, non potendo il giudice ordinare d’ufficio l’integrazione del contraddittorio.

 

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